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Immagine del redattoreKatia Cazzolaro

Questa storia del trauma causato dalle madri

Deve essere andata così. Che la paura di diventare la madre inadeguata (per semplificare utilizzo un linguaggio tecnico), che è stata mia madre, mi abbia fatto scegliere nel tempo di non diventare una madre biologica. Che poi di figli, affidati e accuditi, ne ho accompagnati più di uno, anche se non è sempre facile spiegare che materno non coincide con parto e coincide invece con prendersi cura, che la cura non è appannaggio del materno ma è la postura con la quale un adultə sceglie di stare nel mondo, quali che siano le esperienze di cura che ha ricevuto o non ha ricevuto, o ha ricevuto da altre figure di accudimento.


Credo di appartenere a quella forma del pensiero che simpatizza per il ridimensionamento dei traumi e delle inadeguatezze dei genitori che determinano le vite dei figli. Lo dico a ragion veduta, come figlia sopravvissuta a diversi traumi, non come la professionista dell'educazione che sono diventata ( o anche per questo).

Credo che non si diventi adulti nel momento in cui i traumi sono stati elaborati - non si elaborano mai, mai fino in fondo, facciamoci pace- ma quando diventiamo i genitori di noi stessi.

La paura è cosa seria e ha il potere di farci decidere da che parte andare, nessuno lo esclude. Ma una scelta ne apre mille altre, che magari scopriamo essere più in linea con le nostre vocazioni profonde. Una scelta, o meglio, un agito inconsapevole, può portarci ad elaborare il rapporto con l' essere madre e con l' essere figlia in maniera articolata e profonda come forse non avremmo potuto fare se avessimo goduto delle cure amorevoli di quella "madre sufficientemente buona" di cui tanto ci ha parlato Donald Winnicot.

Oggi guardo mia madre, la sua ostinazione nel comportarsi come se avesse solo una figlia (mia sorella) mentre io, nella sua testolina, ero, sono e probabilmente resterò sempre una caregiver, e del resto la mia carriera di piccola responsabile di famiglia è cominciata quando avevo circa nove anni, figuriamoci a cinquantaquattro. Oggi che non provo più rabbia ma un misto tra realismo e tenerezza, so che non ci sono colpe, che nessuno ha colpe, che nessuna madre diventa inadeguata per scelta e nessuna figlia può sprecare l'occasione di imparare che la cura è una opzione di libertà e di riscatto, non un tesoretto avuto in dono un giorno nella culla di un qualche ospedale nel mondo o il fregio della bontà e delle idealizzazioni nelle quali quali la nostra cultura ha ingabbiato il ruolo di madre. Ci sono madri amorevoli, madri mostro, madri che ci hanno provato, madri che non sanno cosa significhi essere madre, ci sono madri consapevoli.

Ci sono, sia chiaro, madri che fanno molti danni e che vanno aiutate ad avere contezza del loro agire e ad assumersi la responsabilità delle loro azioni.


Questa imperfetta galassia di umanità che agisce ruoli senza averli magari capiti, mi pare l'unica storia di verità possibile, assieme a quella del non-giudizio, che è, poi, io credo, l'epopea fantastica di ogni figlio (ma anche di ogni genitore verso il proprio figlio).




Su questo tema vi invito a guardare questo breve intervento sul "salto quantico" del non giudizio interpretato da quel geniale maestro che per me è Mauro Scardovelli ( su TikTok pubblicato da salute_psicologica)

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